Una serie di scatti ambientati in studio illustrano ipotetici interni per fotografie dedicate al progetto intitolato Climate Fiction, che allude
alla definizione adottata per la prima volta nel 2007 dallo scrittore giornalista americano Dan Bloom per il genere letterario che si occupa di raccontare le possibili conseguenze dei cambiamenti climatici planetari. Un progetto di arte visiva avviato nel 2015 e proseguito con ricerche complementari negli anni successivi. Un Climate fiction che in questo caso, piuttosto di descrivere il mutamento climatico con le inquietanti trame dei romanzi di “narrativa ambientale”, lo fa attraverso un lungo lavoro composito declinato con progetti fotografici, videoinstallazioni, grandi tavole in tecnica mista. Dunque una sorta di storia capovolta, che non si snoda e non parte da un immaginifico intreccio letterario ma da fotografie e opere che rispecchiano gli esiti anche e soprattutto psicologici della sempre più verosimile ipotesi di irreversibile variazione del sistema climatico terrestreirresponsabilmente determinata da cause antropiche.
Per Interiors una serie di tableaux vivants post – apocalyptiques, la rappresentazione quasi farsesca della sopravvivenza dopo un
disastro che ha coinvolto tutta la civiltà e la metaforica relazione tra la staticità degli interni e quella della stessa post umanità. Un perimetro di precarietà che contamina lo spazio mentale e quello fisico in un intreccio di tempo passato e futuro. L’inerzia di un immobilismo psichico per scene come collegate da una diversa dimensione del tempo, che oltrepassa la pura evidenza estetica e oggettiva, per formalizzare una astrazione che potrebbe diventare una fatale necessità.